Settembre e ottobre sono mesi cruciali per gli studenti universitari,
non solo perché gli insegnamenti riprendono a marciare, ma anche perché,
dal punto di vista economico, è il periodo chiave nel quale vanno a
definirsi le rette di frequenza che le famiglie dovranno pagare nel
corso dell’anno accademico. Il metro per stabilirle, in relazione al
nucleo di cui si fa parte, è ovviamente l’Isee Universitario, un terreno
non sempre agevole sul quale è facile cadere in confusione, in
particolare quando lo studente, vuoi perché coniugato, vuoi perché fuori
sede, non abita più coi genitori, o anche quando i genitori stessi
risultano non coniugati e non conviventi. Ecco perché in ambito
universitario la domanda dell’Isee potrebbe rivelarsi un po’ più
complicata del normale.
Prima però di entrare nel merito degli aspetti tecnici, è bene ricordare
a tutte le famiglie e agli studenti che dovessero apprestarsi a
richiedere l’Isee 2019, che le Dsu eventualmente già in essere a
decorrere dal 1° gennaio 2019 resteranno valide sino al 31 dicembre di
quest’anno. Di recente infatti l’Inps ha ricordato quanto già stabilito
dal Decreto Legge 4/2019 (convertito dalla Legge 26/2019), e cioè che le
Dsu presentate tra gennaio e agosto 2019 avranno come termine di
validità il 31 dicembre 2019, lo stesso, in pratica, che era stato
fissato per le Dsu presentate tra settembre e dicembre 2019. Nella
sostanza, quindi, la scadenza è stata uniformata per tutte le Dsu al 31
dicembre (rimandiamo alla nostra news del 30 agosto).
Spostiamoci adesso in ambito Isee,
cercando di capire dov’è che possono sorgere le maggiori difficoltà per
le Dsu degli studenti. Ovviamente, la classica situazione dello
studente che convive con entrambi i genitori e rientra quindi nel loro
nucleo, non dà adito a dubbi: l’Isee sarà calcolato sulla base del
nucleo formato dal ragazzo più i familiari. Un primo dubbio potrebbe
sorgere con gli studenti che convivono con un solo genitore, mentre
l’altro risulta separato legalmente. In tal caso la normativa Isee, che
pure a volte prevede l’inclusione dei dati di genitori non presenti nel
nucleo dello studente, non chiede altre informazioni se non appunto
quelle del nucleo costituito dallo studente + l’unico genitore
convivente.
Le cose si complicano un poco nel caso dei genitori non coniugati e non
conviventi. Stavolta la locuzione “non coniugati” è cosa ben diversa
dalla separazione legale. Il vincolo matrimoniale, infatti, potrebbe
essere stato cancellato dal sopravvenuto divorzio oppure, semplicemente,
potrebbe non esserci mai stato. Quindi se lo studente risiede con un
solo genitore non convivente né mai coniugato (o divorziato) con
l’altro, ecco che la domanda Isee potrebbe richiedere l’inclusione dei
dati del nucleo familiare riconducibile al genitore non convivente, il
quale a quel punto, se dovesse risultare coniugato con un’altra persona o
dovesse avere figli da un’altra persona, sarebbe considerato in qualità
di “componente aggiuntiva” al nucleo dello studente, altrimenti, se
fosse non coniugato e senza altri figli, verrebbe incluso come
“componente attratta”.
A monte va comunque ricordato che il genitore non convivente, in ogni
caso, non verrebbe incluso né come componente aggiuntiva né come
componente attratta se dovesse essere:
- tenuto a versare assegni periodici per il mantenimento del figlio stabiliti dall’autorità giudiziaria;
- escluso dalla potestà sui figli o soggetto a provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;
- accertata dalle amministrazioni competenti (autorità giudiziaria, servizi sociali) la estraneità del genitore in termini di rapporti affettivi ed economici.
Un’altra situazione che molto di frequente suscita dubbi è quella degli
studenti non conviventi col nucleo d’origine. Va però fatto un
distinguo. Un conto, infatti, sono i ragazzi fuori sede che si spostano
non tanto per una questione di indipendenza economica quanto per motivi
di opportunità di studio, restando comunque a carico dei genitori e di
conseguenza attratti nel loro nucleo, un altro conto sono i ragazzi con
residenza autonoma rispetto ai genitori che al tempo stesso studiano e
lavorano, quindi con un certo margine di indipendenza economica. È per
questi ultimi, quindi, che andrà valutato l’aspetto dell’autonomia al di
fuori del nucleo d’origine. Premessa: ai fini Isee il concetto di
autonomia presenta dei paletti ben precisi. Non basta, dunque, che uno
studente lavori e viva da solo per essere definito autonomo. In tal
senso occorrerà valutare la situazione un po’ più a fondo.
Per l’esattezza sono due i requisiti (non alternativi ma coesistenti)
che costituiscono l’autonomia dello studente dal nucleo di origine, uno
logistico, l’altro economico. Ovvero:
- lo studente deve risultare residente fuori dall’unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione per la prima volta a ciascun corso di studi, in alloggio non di proprietà di un suo membro;
- lo studente deve presentare un’adeguata capacità di reddito, vale a dire una soglia di reddito annua pari almeno a 6.500 euro, come previsto dall’articolo 5 del DPCM 9 aprile 2001.
Tali requisiti, per altro, potrebbero “intrecciarsi” con la condizione
dell’eventuale coniuge. Ovvero, mentre nel caso di uno studente che vive
da solo il requisito dell’autonomia dev’essere verificato in
riferimento alla sua specifica situazione, nel caso invece di studenti
coniugati che fanno parte di nuclei a sé stanti i requisiti dovranno
essere verificati non più in funzione del singolo studente ma tenendo
anche conto del coniuge.
In termini pratici, entrambi i coniugi dovranno risultare residenti
fuori dalle unità abitative delle singole famiglie di origine da almeno
due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione
all’università, e oltretutto dovranno risiedere in un alloggio che non
sia di proprietà di un membro appartenente alle stesse famiglie di
origine. Quanto invece all’adeguata capacità di reddito, originariamente
la ratio della norma riferiva la soglia dei 6.500 euro “ad un nucleo
familiare di una sola persona”; viceversa, coi successivi chiarimenti
dell’INPS e del Ministero del Lavoro è stato disposto che nel caso di
uno studente fiscalmente a carico del coniuge, o comunque provvisto di
un reddito inferiore a 6.500 euro, l’autonomia può comunque sussistere
se il medesimo coniuge dispone di un reddito pari almeno a 6.500 euro
annui. Resta inteso che il ragionamento ha valore esclusivamente per le
coppie sposate, non per quelle conviventi.