Tragedia Mecnavi. Una messa organizzata dalle Acli per ricordare i 13 lavoratori morti 32 anni fa


Le Acli Regionali, la Presidenza Provinciale Acli Ravenna e il Circolo Acli S.Stefano ricordano la tragedia della Mecnavi e i 13 lavoratori morti il 13 marzo del 1987 mentre stavano lavorando a bordo della nave Elisabetta Montanari.  
I lavoratori morti nella sciagura che colpì tutta la città, sono stati ricordati ieri 13 marzo con una messa alla parrocchia di Santo Stefano .

Sono passati 32 anni dalla morte di quei 13 lavoratori nella nave adibita al trasporto gpl, a causa di condizioni disumane di lavoro e non in sicurezza, ma il dolore resta, resta nelle famiglie che persero figli giovanissimi, appena ventenni, resta nel rileggere le cronache di quella giornata che vide la città compatta nel dolore, nel corteo degli studenti, oltre 4.000, con gli striscioni «Mai più».

Monsignor Ersilio Tonini, l’allora arcivescovo di Ravenna, nell’omelia funebre che si tenne in Duomo tre giorni dopo, usò frasi severe: “Fossero andati i genitori a visitare quei cunicoli avrebbero detto: ‘no, figlio mio! Meglio povero, ma con noi!’ Avrebbero avvertito l’umiliazione spaventosa, la disumana umiliazione. Un ragazzo di 17-18 anni che è costretto a passare dieci ore in cunicoli dove – posso dire la parola? Non vorrei scandalizzare – dove possono vivere e camminare solo i topi! Uomini e topi! Parola dura, detta da un vescovo all’altare: eppure deve essere detta, perché mai gli uomini debbano essere ridotti a topi!”.

La nave “Elisabetta Montanari”, era adibita al trasporto di gpl e, per normali attività di manutenzione, si trovava nei cantieri Mecnavi srl del porto di Ravenna. Alcune lamiere del doppiofondo, destinato a ospitare il combustibile presentavano un avanzato stato di corrosione e dovevano essere sostituite. I doppifondi dovevano essere bonificati, eliminando il materiale infiammabile, prima di procedere al taglio delle lamiere usurate e alla loro sostituzione.

La fiammata, improvvisa, alle 9,05. Il carpentiere si rese conto immediatamente del principio d’incendio. Tentò di soffocarlo con i propri guanti da carpentiere e con gli stracci di cui disponeva per pulirsi le mani. A questo punto un altro carpentiere, scavalcò la sella che lo separava dal collega per aiutarlo. Ma il calore della fiamma aveva, intanto, provocato lo scioglimento del catrame che cadendogli sopra l’ha alimentata al punto che non riescono a spegnere l’incendio. Poco dopo, una fiammata incendia il rivestimento del serbatoio sviluppando una notevole quantità di fumo e gas tossici, come ossido di carbonio e acido cianidrico, letale in pochissimo tempo.

A causa del buio, non tutti gli operai riuscirono a ritrovare le strette botole che li avrebbero riportati all’aperto. Morirono soffocati.

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